sabato 25 agosto 2007

E qui finisce anche questa raccolta

E qui finisce anche questa raccolta
D'una poesia che dal mio mondo ho colta,
Ed è luogo di ringraziar le Muse,
Ogni poeta ad aiutar aduse,


Per scrivere ci vuol pazienza molta,
Trovar cose da dir di volta in volta,
Così a chi legge faccio le mie scuse,
Se non ama le rime qui concluse.


Così questo è un sonetto di congedo,
Che anche questa trama è ormai compiuta,
E a qualche nuovo intento mi preparo;
Or l'estro mi si fa sempre più raro,


Ma spero nell'ispirazione avuta,
Così sempre in avanti guardo e vedo.

Commemorazione delle Torri Gemelle

Vorrà affrontare un delicato tema,
Si sa come il mondo ancora ne frema,
Questa canzone scritta nel dolore,
Causa il rimembrar grande languore:
L'aereo la Torre ha traversato,
Tutta la gente ha urlato;
Nessuno si aspettava quel mattino,
Era forse destino,
Che ci sarebbe stata una tragedia,
Ché il Male l'uomo assedia,
Eppur sapemmo dal televisore,
Passate poche ore,
Che quel meraviglioso grattacielo,
Era ormai diventato un cimitero.


Venne il primo aereo fuori rotta,
Fu spaventosa botta,
Finita in esplosione,
Si scatenava una conflagrazione,
L'aereo nell'interno disparve,
E mai più riapparve,
Uniti i passeggeri nella sorte,
Di chi nel lavorar trovò la morte,
S'alzaron fumo e fiamme,
A consumare i papà e le mamme
Di bimbi che non han più i genitori,
E adesso che sono rimasti soli,
Le lacrime restano:
Ad un triste vivere s'apprestano.


Ma non fu sufficiente,
Levare l'urlo di 'sì tanta gente,
Altro aereo giunse,
Ed altra sofferenza al mondo ingiunse;
Esplose dopo l'altro grattacielo,
Che si levava al primo parallelo,
E venne ad esso unito nella strage;
Si trovarono molti nelle ambage,
Create dalle fiamme soffocanti,
Terrorizzati e ansanti,
Dall'occhio si calarono del vento,
E pieni di spavento,
Caddero come angeli senz'ali,
Innocenti che scontan gli altrui mali.


Ma non c'era ancor fine al dolore,
Si commosse ogni cuore,
Ché s'ebbe dei pompieri il sacrificio,
Morti nel loro ufficio,
Dalle macerie vennero sepolti,
Fu una stretta mortale che li ha accolti,
E non lasciò speranze,
Ai cari chiusi nelle loro stanze,
Per avere notizia,
Anch'essi vittime di tal nequizia;
Ma portò un altro spavento la nuova,
Forse ancora da mettere alla prova:
Che il fumo disegnò nel pandemonio,
Un'orrenda figura di demonio.


Ground Zero ora si chiama
Quella terra che il cielo a sè reclama,
Ché di tanta innocenza,
Fu imposto al mondo di restare senza,
Ed ora affrante guardano le stelle
Dov'eran prima le Torri Gemelle.

Quasi-lirica d'un ascensore

Mi chiamano con un tasto,
Ed io spesso mi presento,
Sempre ligio al mio dovere;
So che spesso sono soli,
A volte sbatton la porta,
Se qualcun altro s'appressa,
A volte invece attendono,
Per non far brutta figura,
Sorpresi nella lor fuga.


Pur a volte s'incontrano,
Li accompagno in silenzio,
E viaggiano imbarazzati,
Han gli occhi verso le scarpe,
Oppure verso i miei vetri,
Mentre io li porto al piano,
Certo che a volte parlano,
Come a romper l'imbarazzo,
Per dire le stesse cose,


Che ho ormai sentite da sempre;
Discuton molto del tempo,
Se fa caldo oppur fa freddo,
Come vogliano accertarsi,
Che non sia per l'uno il clima
Poi diverso che per l'altro,
Chiedono a volte: - Come va?
- Bene. - Oppure: - Abbastanza. -
Anche se in realtà va male.


...................................


Pausa perché m'han chiamato,
Ho portato un passeggero,
Riprenderò il discorso
Dal punto in cui l'ho interrotto:
Pare maleducazione,
Dir le cose come stanno,
Si dà almeno una patina,
Di quello che non c'è,
Ma sanno, che non è così.


Poi quando viaggian da soli,
Certi che non li si veda,
Ci son volte in cui piangono,
Così le loro parole,
Che non possono dire,
Trovano sfogo dagli occhi,
Ma ancor scrutano dai vetri,
Ch'alcun li veda al passaggio,
Ché sarebe anche un parlare.


Così tanta sofferenza,
A volte mi fa ammalare,
Ché non vorrei più vederli,
Resto fermo e non mi muovo,
Ed è inutile chiamarmi;
Così arriva il mio dottore,
E' il mio psicanalista,
Che mi cura col martello,
Con i chiodi e lo scalpello.

Scientifica

State a sentir la mia teoria,
Presa da scienze e da filosofia,
Nelle prime so che son ignorante,
Ma l'ipotesi pare interessante;
Stavo facendo il bagno,
Nel piccolino della vasca stagno,
Quando: - Eureka. Dissi, come Archimede,
Forse è la verità che non si vede,
Per anni riflettei sull'elettrone,
Mi chiedevo ma com'è che s'attacca,
Ma poi si stacca e sempre si riattacca?
Nascono gli elementi,
Dall'atomo coinvolto in movimenti.


Questa realtà è un puzzle d'illusione,
Ch'in sé avere par motivazione,
Così tu vedi l'elettron che gira,
E ben presto a sé un altro atomo attira,
Ma si tratta di una struttura a incastro,
La fece il Grande Mastro,
Ché come nel puzzle ogni tassello.
Va ben combinato questo con quello,
Così è degli elettroni,
Ma non hanno bisogno di spintoni,
Ché l'energia è moto senza massa,
E' tutt'altro che lassa,
Essi per natura si combinano,
E l'intero mondo poi ravvivano.


Ogni Legge a regolare Materia,
E' tale cosa seria,
Nasce da questa tal combinazione,
C'è molta precisione;
E così nella chimica fai incastri,
Con formule che poi ti creano impiastri,
E in fisica son leggi d'attrazione,
Capaci a regolar qualunque azione,
Ma la radice è pur sempre la stessa,
Io qui ti parlo d'essa,
La videro agire con il magnete,
Quei che di sapienza avevano sete,
Ma Chi sia il puzzle a costruire,
Questo proprio non lo sappiamo dire.


Ed ecco hai in pochissime parole,
Com'è che il mondo funzionare suole,
Si spinge il tassello nel proprio moto,
Perché in se stesso ha spinta come scopo,
Convesso il positivo,
Concavo il negativo,
Ché l'energia è moto senza massa,
Così nulla si scassa,
Ma ben tessuta è la ragnatela,
Essa la Fonte d'ogni cosa vela.

venerdì 24 agosto 2007

Poesia con le faccine

Che idea che m'è venuta
Di fare una poesia con le faccine,
Son tanto carine !
C'è quella che ride :o)
Oppure sorride :-p
C'è quella un po' offesa :o(
E quella protesa :-/
Per una sopresa :-\
Questa si diverte ^_^
D'uno scherzo ti avverte ^.^
La faccina fornisce un accento
Per ogni pensiero o sentimento.

mercoledì 22 agosto 2007

Storia di un amore inglese tra i due secoli

Ti ricordi quel tempo ormai lontano?
Cominciammo tenendoci per mano,
E poi, nascosti a tutti, il primo bacio,
Quel giorno ci abbracciammo tanto adagio,
E sul Tamigi le corse in carrozza,
Che sopra sassi e buche assai singhiozza,
Le cene che consumavamo insieme,
Discorsi di paura e poca speme,
Davanti a ciotole di foggia indiana,
Piene di chow mien soup e altre delizie,
Delle colonie 'sì tante primizie,
E poi la cioccolata americana,
Ripassavamo assieme il tuo francese;
Perchè volevi tanto esser cortese,
E poi felici tornavamo a casa,
Ti salutavo sotto la cimasa.


La morte di Francesco Ferdinando,
S'ebbe mentre da te stavo tornando,
Di Gavrilo Princip fu l'attentato,
Che l'intero mondo ha terrorizzato,
E noi fummo coinvolti dall'evento,
Finché da te mi portò via il vento,
La Manica dovetti attraversare,
Lasciandoti dolente a lacrimare,
Le navi mi portaron presto in Francia,
Un elmo copriva la mia guancia,
Non più vesti civili ero in divisa,
Che m'era a un tempo dolce a un tempo invisa,
La tua foto portai nel portafogli:
Un fiore tra quei paesaggi spogli,
Mostravi in essa un tenero sorriso,
Eri bella d'aspetto,e dolce in viso.


Quante ne vedemmo passar di mode,
Ché tutte quante il tempo le corrode,
Da quegli alti cappelli con la frutta,
Alle falde che t'ombreggiavan tutta,
Ma fu semplice la fotografia,
Con cui tornai, ma tardi, a casa mia,
E fu essa, certamente, il talismano,
Che mi permise di arrivare sano,
Ma mi sentivo tanto in ansia ché
Volli al più presto rivedere te,
Oh gioia! Reincontrarti, riabbracciarti,
Ch'all'attesa sapesti abituarti;
Avemmo poi la gioia d'un bambino,
Nella vecchiaia conforto vicino:
Un figlio, ma che fosse anche un sostegno,
Per quando l'ossa fossero di legno.


Ma intanto altre armate minacciose
S'affacciavan sul mondo bellicose,
Si riempiva il pianeta di terrore,
All'appressarsi d'un nuovo furore,
Intanto il nostro buon figlio cresceva,
Dall'amore circondato viveva,
Studiava e lavorava senza posa,
E intanto già pensava alla sua sposa,
Ebbe sempre per noi motto gentile,
Era tanto coraggioso, e mai vile,
Finché alle armi un giorno fu chiamato,
E così venne da noi separato,
Restammo poi sotto i bombardamenti,
Insieme stretti, noi tutti tremanti,
Ma la nuova ci fe' mancar la terra,
Di quell'unico figlio perso in guerra.


Così ora noi due, siam ancora soli
Nell'amor che conobbe tanti voli,
Tanti baratri, tanti precipizi,
Passato tra le guerre e gli armistizi,
Finito quasi ormai degli anni il conto,
Andiamo sul viale del tramonto.

martedì 21 agosto 2007

Ali di ruggine

Ali di ruggine,
Ti portano
Nel cielo,


Seduto solo
All'ombra
D'uno stelo,


Ali di vento,
Di consistenza
Evanescente,


Ali fatte
D'un assoluto
Niente,


Ali di pioggia,
Di nubi
Che son sciolte,


Ali di ghiaccio,
D'acque
Ormai raccolte,


Ma arriva un dì
In cui
Si ferma il volo,


E tu rimani,
Triste,
Ancora solo.